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da La Scena del 25 gennaio '04 (di Luca Barachetti)
Sta nell'ultima traccia la chiave per capire le coordinate artistiche di questo disco, quando Patrizia Laquidara denuda e reinterpreta meravigliosamente Cu cu rru cu cù paloma di Caetano Veloso, solo archi e voce. La Laquidara deve molto alla musica brasiliana, e in particolare al Tropicalismo di Veloso, Gil e Maria Bethania, e fa sue quelle sonorità sposandole ad un passato tutto italiano, cioè cantautori "vecchi" e nuovi (Fossati, Donà) e grandi voci (Mina, soprattutto la Vanoni delle collaborazioni con Toquinho).
"Indirizzo Portoghese" nasce qualche mese dopo l'ingrata (e per certi versi paradossale) partecipazione sanremese della sua autrice: gli undici inediti di questo album (così come le due validissime cover) non hanno nulla a che fare con la melassa mediatica del Festival e, inoltre, la derivazione carioca dichiarata sopra ha ben poco di modaiolo e non vuole seguire il fortunoso successo estivo del tribalismo. Anche se alcuni episodi sono vacillanti (come lo possono benissimo essere in un disco d'esordio), in media la qualità è alta.
Prima di tutto la voce: la Laquidara ha la fortuna di potersi concedere dei veri e propri episodi "leggeri" dove sia la voce ad innalzare, e di molto, il livello. E' il caso del calembour avverbiale di Essenzialmente, o della ammaliante Caotico (dove, però, anche il testo ha passaggi importanti). Il suo timbro potrebbe lontanamente ricordare quello di Teresa Salgueiro dei Madredeus (Lividi e fiori); di certo, come già detto, è vicino a quello della Vanoni, basti ascoltare Per Causa d'Amore, duetto con Mario Venuti (altro "italo-tropicalista".) con melodia e orchestra all'insegna del modernariato.
In secondo luogo la ricerca testuale. Una scrittura sensistica (Leopardi non c'entra.), specialmente incline alle metafore di gusto, vista e tatto, con una istinto prolifico per l'assonanza e la rima peculiare; altrove, poi, un diletto nel raccontarsi obliquamente, con risultati stravaganti ma gustosi. E in queste due direzioni si notano i risultati migliori: dallo scontro dei sensi di Mielato ("Fiocchi di lana, latte di mandorle amare"), passando per la finezza fonetica di Indirizzo Portoghese, fino alla canzone del primate Kanzi, dichiarativa e pungente. Senza dimenticare che qua e là la Laquidara ha l'attitudine non comune di scrivere versi raggelanti: "scusarsi è come avere pochissima memoria" canta in Lividi E Fiori.
Peccato per alcuni episodi a metà disco che azzoppano un po' il lavoro. Agisce, che le è valsa il premio Recanati, andava curata meglio nel testo, così come Sciroppo di Mirtilli, pure un po' troppo ammiccante. A sostenere tutto questo l'alternanza all'interno del disco di produttori e arrangiatori azzeccati, come Pasquale Minieri, Venuti per il pezzo che lo vede partecipe, Oscar Del Barba per gli archi e la stessa Laquidara, sola o con Tony Canto, sorprendente in Mielato, meno per la chitarra del ritornello di Indirizzo Portoghese, che fa un po' feticismo lusitano.
(da La scena, musica visibile)
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